sabato, agosto 12, 2006

Barbapedana racconta - III^ parte


EL CANTASTORI (Il cantastorie)

Nel 1942, tra un bombardamento e l’altro, ho compiuto 7 anni; frequentavo la II^ elementare presso la vicina scuola di via Morosini.
Da “Figlio della Lupa” divenni “motu proprio” un “Balilla” !
Il Diario ed il libro della seconda:




Ma quanta propaganda, il Duce in tutte le salse; a torso nudo mentre falciava il grano, in divisa con camicia nera quale capo del PNF (Partito Nazionale Fascista) e della Milizia, come primo ministro mentre arringa dal balcone di piazza Venezia la folla plaudente. “Aria, luce e sole sono la tua salute….”, la bonifica delle paludi Pontine nel Lazio, ecc…. CREDERE, OBBEDIRE, COMBATTERE erano le parole d’ordine alle quali si aggiunsero ben presto attraverso manifesti incollati in ogni dove su tutti i muri il TACI, IL NEMICO TI ASCOLTA, frase messa in bocca ad un ignoto militare dalla faccia truce e con tanto di elmetto in testa.
Il sabato non si svolgevano lezioni ma solo “educazione fascista”, pratica per quelle che dovevano essere in futuro, come da proclama mussoliniano il “milione di baionette”; era definito come il “sabato fascista” con presenza obbligatoria per tutti gli alunni che dovevano indossare la divisa: da Figli della Lupa e Balilla per i maschietti e da Giovani d’Italia per le bambine. Si potevano subire punizioni severe se si mancava all’appello !
Il primo sabato seguente all’apertura dell’anno scolastico, tutti in gruppo per la rituale foto poi in riga per tre, maschietti da una parte e bambine da un’altra, e via in marcia.. uno, due, passooo….; al comando dell’ “avanti, marcia” c’era chi partiva con il piede sinistro e chi col destro, una gran confusione e veniva da ridere ma non era proprio il caso perché i castighi erano molto duri da sopportare.
Dopo mezz’oretta ecco l’ ALT, front-destr, riposo: e giù un pestone sul terreno col piede destro; ai molti che facevano fatica a distinguere la destra dalla sinistra e che si erano girati dalla parte opposta a quella comandata, bacchettate persuasive sulla mano destra, sistema questo applicato con un certo profitto per fare distinguere e ricordare per tutta la vita quale fosse la parte giusta da osservare.
Discorsetto sui ruoli dei Balilla nelle sfilate; mi misero in mano una tromba e mi nominarono “Balilla trombettiere” mentre ad un mio procugino, di nome Alberto, che frequentava la V^ elementare, gli ridiedero il suo tamburo che oramai sapeva oramai percuotere come il mitico batterista americano Gene Krupa, allora sconosciuto perché tutta la musica di provenienza straniera ed in particolare dagli USA era stata messa al bando, così come anche tutte le parole straniere.
Per esempio il “cognac” divenne “arzente”, il cocktail "coda di gallo" ed il pullover "farsetto".
Quando venne il mio turno con la tromba assegnatami, ma per poco fortunatamente, riuscii a far emettere un suono straziante ma talmente debole che io stesso feci fatica a percepire; dopo tre vani tentativi l’istruttore mi tolse bruscamente di mano questo per me ostico strumento per darla ad un altro bambino che mi stava accanto, abbastanza robusto ma anche lui non riuscì a strappare il plauso del cerbero – istruttore. Non saprei dirvi la fine che fece quella tromba perchè a me ed al vicino fustacchio in erba diedero un tamburo ciascuno ma, almeno io, non ebbi la sfortuna di tambureggiare per molto tempo perché, perdurando i bombardamenti su Milano, a mio padre, come dirò, venne l’idea di farsi trasferire a Roma presso lo Stato Maggiore.
Intanto su Milano i bombardamenti si susseguivano oramai a brevi intervalli l’uno dall’altro, ed i miei vollero che io e mio fratello minore, assieme al procugino Alberto, andassimo a casa di un mio zio a Viggiù dove comandava la locale Stazione della Guardia di Finanza, punto importante perché al di là del colle Sant’Elia c’era la Svizzera; bastava farsi rotolare giù dal pendio per trovarsi in terra neutrale ma la vigilanza era ferrea anche perché proprio da quel passo transitavano i contrabbandieri che “esportavano” gioielli (diamanti in particolare) per metterli in salvo presso qualche banca ed “importavano” quello che oramai era da noi introvabile.
Molti si arricchirono speculando sulla pelle di parecchia gente !
Di notte vedevamo le luci degli aerei che si dirigevano verso Milano per bombardarla ed il nostro pensiero andava ai miei ed agli altri parenti; impotenti, non potevamo fare altro che pregare per la loro salvezza.
Mio padre era appena ritornato in Italia dopo essersi sorbito per due anni con la sua Divisione Legnano (le mostrine della divisa erano nero-azzurre e forse per questo divenni interista anzi ambrosianista perché questa squadra da Internazionale dovette anche lei cambiare, per motivi di regime, la propria denominazione in Ambrosiana) la campagna di Albania e poi quella sul Fronte Occidentale (Francia) ma, facendo parte dell’allora SIM (Servizio Informazioni Militari), il controspionaggio, il trasferimento avvenne velocemente.
L’annuncio in famiglia: “andiamo a Roma, tanto lì c’è il Papa e non bombarderanno di certo” ! Sbagliò di grosso ed il perché…lo vedremo in prosieguo.
Ma altri bombardamenti su Milano erano oramai all’ordine del giorno; L’ordine era di fiaccare la resistenza degli italiani perché, a lungo andare, si ribellassero al regime fascista.
Milano era, come obiettivo, un bersaglio abbastanza facile; poche difese, abitazioni racchiuse in un raggio molto limitato entro due cerchi, e, specie nel centro, il Duomo, palazzi storici e monumenti erano tutti ammassati in un’area alquanto piccola in quanto molto vicini: sarebbero bastate due o tre bombe per procurare una catastrofe, ma le bombe sganciate furono molte di più e qualche risultato lo troverete documentato da queste tre vecchie foto d’archivio:

La Ca’ Granda, ex Ospedale Maggiore, divenuta in seguito, a far tempo dal 1954, la sede centrale dell’Università Statale,





La basilica di Santa Maria delle Grazie, ma il “refettorio” con il suo Cenacolo venne miracolosamente salvato,





L’interno del teatro alla Scala.



Brutti, per non dir di peggio, ricordi per un bambino di appena sette anni, ma il periodo più “nero” doveva ancora arrivare: proprio a Roma, dove ci trasferimmo ai primi di giugno del 1943 !

Il vostro cantastorie


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