lunedì, agosto 07, 2006

Barbapedana racconta - II^ puntata

I bombardieri inglesi su Milano





EL CANTASTORI (Il cantastorie)
E’ il 10 giugno 1940.
L’Italia tutta, anche la Milano che sin d’allora contava di già poco più di un milione di abitanti, esulta !
Mussolini stava annunciando, con un memorabile discorso per i tempi di allora, dal balcone romano di piazza Venezia la nostra entrata in guerra a fianco della potenza germanica di Hitler contro le “democrazie plutocratiche; un discorso il cui tono trionfalistico ebbe a toccare vertici entusiasmanti per quasi tutti gli ascoltatori, eccitando le menti di ognuno già imbevute da anni dalla propaganda fascista; ve ne riporto solamente l’inizio :
“Combattenti di terra, di mare e dell'aria! Camicie nere della rivoluzione e delle legioni! Uomini e donne d'Italia, dell'Impero e del regno d'Albania! Ascoltate!
Un'ora segnata dal destino batte nel cielo della nostra patria. L'ora delle decisioni irrevocabili. La dichiarazione di guerra è già stata consegnata agli ambasciatori di Gran Bretagna e di Francia. Scendiamo in campo contro le democrazie plutocratiche e reazionarie dell'Occidente, che, in ogni tempo, hanno ostacolato la marcia, e spesso insidiato l'esistenza medesima del popolo italiano…”
Inutile segnalare come la RAI trasmettesse a rotazione continua questo discorso per tutta l’intera giornata; destino volle che anch’io l’ascoltassi e posso dirvi oggi che quello che ebbe allora ad impressionarmi non furono tanto le parole pronunciate con una certa abilità oratoria ma le interruzioni dovute alle urla della folla acclamante, eccitata sino all’inverosimile “GUERRA, GUERRA, GUERRA” urlavano in piazza Venezia, “DUCE, DUCE, DUCE”, proprio come quei taxisti, con tanto di tatuaggio sul braccio della X^ MAS, durante la recente manifestazione romana avanti Montecitorio all’apparire di due deputati di AN.

Ma ben presto molti a Milano dovettero subito ricredersi sulla bontà della decisione mussoliniana di entrare in guerra a fianco della Germania nazista. Infatti, a distanza di soli cinque giorni dalla dichiarazione di guerra, Milano subisce il primo attacco aereo da parte di aerei britannici del Bomber Command con esiti fortunatamente limitati, essendo stati danneggiati solamente alcuni edifici civili con un solo morto ed alcuni feriti.
Vigeva il coprifuoco e già all’imbrunire veniva spenta tutta l’illuminazione pubblica mentre ogni finestra dei palazzi pubblici e privati venivano meticolosamente “oscurate” all’interno con tendaggi neri atti a non far trapelare all’esterno anche un minimo segnale di luce.
Milano, si diceva, era di notte un bersaglio difficilmente individuabile, mancando di precisi riferimenti per cui i bombardieri dovevano volare in pieno giorno così divenendo bersaglio della contraerea.
Che periodaccio, specie per noi bambini che non riuscivano, nonostante la battente propaganda fascista e tanto di divisa di “figlio della Lupa” che alcuni indossavano con orgoglio, ad afferrare il senso del buio totale.
Ma per la Milano dalle molte industrie (Alfa Romeo, Ansaldo, Breda, Caproni, Falck, Magneti Marelli, Officine Galileo, ecc..) la prima disastrosa incursione aerea, dopo un lungo lasso di tempo, avvenne nel tardo pomeriggio del 24 ottobre del 1942, attorno alle ore 18,00.
Quel giorno mi è rimasto sino ad oggi ben impresso nella mente sin nei minimi particolari; mia madre, io ed il mio fratellino eravamo appena usciti dal cinema Imperiale – a metà strada tra piazza 5 giornate e quella di santa Maria del Suffragio – quando in contemporanea con il segnale d’allarme
incominciarono a piovere grappoli di bombe e la contraerea piazzata in cima al palazzo della Motta di piazza 5 giornate sparava all’impazzata.
Abitavamo allora in corso XXII marzo al civico 22 – proprio davanti alla chiesa – ed in baleno riuscimmo a precipitarci nel rifugio del nostro palazzo che, in breve, si riempì all’inverosimile anche di passanti presi alla sprovvista.
Il rumore delle bombe che esplodevano vicine era insopportabile ma ancor più lo erano i pianti e le urla di chi, preso dal terrore, era uscito di senno; due ore che parevano un’eternità, allo scoppio di una bomba mi dicevo, forza resisti che è l’ultima e così per tante e tante volte ma arrivato ad un certo punto mi ero rassegnato e mi ero convinto come il disperarsi fosse del tutto inutile in quanto il nostro destino veniva deciso da qualcuno che avrebbe dovuto proteggerci da lassù.
Suonò il cessato allarme e già le ambulanze scorazzavano per le vie dirette verso i più vicini ospedali; salimmo a casa e dal balcone abbiamo assistito ad uno spettacolo impressionante, quasi tutta porta Vittoria era un unico incendio, l’obiettivo era forse la Caproni, fabbrica di aerei, con stabilimenti presso l’Idroscalo: 500 incendi, 135 morti e quasi 400 feriti, molti dei quali pare non sopravvissero per le gravi ferite riportate.
Il mattino successivo una visita attorno alla nostra zona duramente colpita: l’attuale piazza Tricolore ridotta ad un rudere, corso Indipendenza, almeno il primo tratto, idem, stavano ancora estraendo i cadaveri dalle macerie, spettacolo questo che mi perseguiterà nel tempo anche a Roma, dove ci trasferimmo nel 1943.
Penso adesso commosso ai bambini, innocenti, morti in questi giorni nel Libano a seguito di un bombardamento; ma la storia non insegna nulla ?
Un vecchietto mi disse un giorno mentre accarezzava il mio cane: “Lo sa che Dio ha creato le bestie per farsi perdonare d’aver creato l’uomo ?”.
Non ho riso alla battuta ma ripensandoci oggi come non crederci ?
Il vostro cantastorie

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