sabato, settembre 30, 2006

Sull'eutanasia - quarta parte

Sulla eutanasia
Parte IV^



Il termine EUTANASIA deriva dal greco antico ( éu - bene – e thanatos - morte – e sta ad indicare l’azione od un’omissione volontaria attraverso la quale si intende abbreviare ad un malato terminale un’agonia molto dolorosa.
La Congregazione per la Dottrina della Fede in data 05 maggio 1980 nella sua dichiarazione denominata “Iura et bona” ebbe, pur condannandola, a ben definirla come “ …..un’azione o una omissione che di natura sua, o nelle intenzioni, procura la morte, allo scopo di eliminare ogni dolore. L’eutanasia si situa, dunque, al livello delle intenzioni e dei metodi usati”.
Si suole distinguere in:
· attiva, allorché vengono somministrate al malato terminale da terzi determinate sostanze atte ad abbreviare il prolungare di una sofferenza oramai irreversibile;
· passiva, attraverso la sospensione del trattamento medico – farmaceutico e strumentale ( esempio la respirazione artificiale ).
L’ eutanasia passiva è l’opposto del trattamento che viene definito come ACCANIMENTO TERAPEUTICO che si ha allorché viene, inutilmente, messo in atto ogni tipo di cura al solo scopo di prolungare la vita biologica del malato pur nella convinzione della totale inutilità, al fine della guarigione, delle procedure curative. E’ un vero e proprio quasi cinico prolungamento dell’agonia. Fece a suo tempo scalpore quello praticato al Presidente della Jugoslavia Tito che, per fini meramente politici, venne tenuto in vita (?) per lungo tempo anche se oramai non dava più alcun segno di una sia pur minima reazione positiva alle terapie palliative.
Morto lui scoppiò in quella nazione un pandemonio; ma a Tito, oramai insensibile a tutto, interessava ancora ?
Abbiamo già visto cosa sia il c.d. TESTAMENTO BIOLOGICO, in buona sostanza è l’atto, non ancora giuridico, attraverso il quale un soggetto capace di intendere e di volere esplicita, alla presenza di uno o più testimoni, il proprio rifiuto, un mettere le mani avanti, di ricevere quei trattamenti terapeutici che rasentino l’accanimento terapeutico nel caso in cui una malattia dovesse renderlo del tutto incosciente. Può nominare un proprio “fiduciario” avente il compito del controllo in sua vece dell’operato dei medici. Ha un grosso limite e cioè che il medico non è vincolato da questo documento e può quindi decidere di non esaudire la richiesta del malato, indicandone però i motivi sulla cartella clinica del paziente.
Tale circostanza rende, pertanto, nullo e privo di giuridico effetto questo escamotage con il quale si intende da parte di alcuni eludere il problema dell’istituto dell’eutanasia ancora escluso dal nostro ordinamento giuridico.
Accennavo nella precedente III ^ parte ad alcuni sondaggi ma per meglio completare questo argomento preferisco riportarvi interamente quanto scritto da un valido maestro in materia statistica, Roberto Mannheimer, su La Repubblica in data 26 settembre u.s.


"IL SONDAGGIO
Quasi un cattolico su due è favorevole alla legalizzazione.
L’orientamento per età: consensi maggiori tra i giovanissimi, ma anche tra gli over 65 i <> sono in maggioranza.
Il dibattito sull’opportunità della legalizzazione dell’eutanasia anche nel nostro Paese torna periodicamente di attualità. Quando si manifestano situazioni eclatanti - come, in questi giorni, il caso di Welby – e, di conseguenza, i media vi porgono maggiore attenzione, i cittadini sono stimolati a considerare con più interesse la questione e ad elaborare il loro giudizio. In questo come in altri casi, la formazione dell’orientamento dell’opinione pubblica è frutto di un processo che si dipana nel tempo , con improvvise accelerazioni o rallentamenti e che subisce variazioni anche in relazione a specifici avvenimenti o dichiarazione dei leader di opinione.
Tutti i dati dell’indagine
Accadde così 30 anni fa per il divorzio - ha ragione Pannella a sottolineare le similitudini con quel periodo - e sta avvenendo ora per l’eutanasia. Quest’ultima ha visto per molto tempo la contrarietà di gran parte degli italiani e, specialmente, l’esistenza di una ampia area di indecisione. O, meglio, di assenza di opinione perché si diceva “non ci avevo mai pensato”. Ancora nel 2001, quasi il 25 % della popolazione non aveva un parere al riguardo. E tra i restanti, la maggioranza - 54 % - la riteneva “in nessun caso giustificabile”.
Con l’intensificarsi del dibattito ed a seguito delle sollecitazioni e, talvolta, delle provocazioni dei Radicali, molti cittadini sono giunti negli ultimi anni a formarsi un’opinione più precisa ed altri l’hanno mutata. Tanto che oggi l’auspicio per una legge che autorizzi l’eutanasia è divenuto maggioritario. Naturalmente, buona parte dei favorevoli pone condizioni precise: che vi sia “dolore fisico insopportabile per il malato”. O che “la scienza medica giudichi il caso senza speranza” – formulazione adottata nella ricerca della Chiesa Evangelica Valdese condotta da Eurisko nel maggio 2006, dalla quale emerge il 69 % di favorevoli all’eutanasia -.
La legalizzazione dell’eutanasia viene approvata grosso modo nella stessa misura tra i vari gruppi sociali e tra i residenti nelle diverse regioni – con, però, una lieve accentuazione di contrari al Sud -.
La medesima trasversalità si riscontra in relazione all’orientamento politico: i favorevoli sono presenti in egual misura nell’elettorato del centrodestra e del centrosinistra, con una modesta accentuazione di contrari tra chi si astiene perché si “sente lontano e disinteressato dalla politica”. Viceversa, com’era ragionevole attendersi, l’atteggiamento verso l’eutanasia varia fortemente in relazione alla religiosità: l’auspicio alla legittimazione si riscontra molto più frequentemente - 80 % - tra chi non partecipa mai alle funzioni religiose. Ma anche tra i cattolici praticanti - quelli che vanno a messa almeno una volta al mese - quasi la metà , circa il 45 %, esprime il proprio favore .
L’insieme di questi dati mostra l’esistenza, nell’opinione pubblica del nostro Paese, di un progressivo trend di accettazione dell’ammissibilità dell’eutanasia. Anche se permane una ampia minoranza di contrari, specie - ma non solo – appartenenti al mondo cattolico. Anche in quest’ultimo, tuttavia, come nella società nel suo complesso, si manifestano gli effetti della progressiva “laicizzazione” della nostra cultura e, di conseguenza, dei nostri valori."

Cosa posso dire ? Che i tempi stanno maturando anche contro il volere, anzi il non volere, di molti nostri politici i cui cervelli non matureranno mai: peccato !
Nella quinta ed ultima parte tenterò di illustravi dove ed in che maniera è stata legalizzata l’eutanasia.

FINE della IV^ parte

venerdì, settembre 29, 2006

Sull'eutanasia - terza parte

La vita che si spegne

Sull’eutanasia
III^ parte


Carissimo Piergiorgio,
probabilmente chi ti sta vicino, e che ti segue ora dopo ora in questo tuo ultimo drammatico scorcio di permanenza sulla nostra terra, avrà fatto in modo di riferirti il contenuto della risposta che il nostro Presidente della Repubblica ha inteso inviarti dopo aver ricevuto il tuo toccante ed appassionante appello.
Mi auguro che, invece, non ti abbiano reso partecipe delle veementi e scomposte reazioni polemiche sollevate da una certa parte politica; ma era prevedibile perché costoro sono dotati di una “intelligenza artificiale” e rispondono su ogni argomento in base alla loro programmazione: dei computer parlanti. Se da un lato una tale reazione era prevedibile, dall’altro la tua pietosa richiesta ha avuto il merito di funzionare alla stregua di un elettrochoc generale a seguito del quale si è riaperto questo annoso problema anche perché il Presidente Napolitano ha ritenuto di rivolgersi a chi di dovere puntualizzando che il tuo appello:
“può rappresentare un’occasione di non frettolosa riflessione su situazioni e temi, di particolare complessità sul piano etico, che richiedono un confronto sensibile e approfondito, qualunque possa essere in definitiva la conclusione approvata dai più”.
Augurandosi che questo confronto ci sia nelle sedi più idonee, aggiunge alla fine che “il solo atteggiamento ingiustificabile sarebbe il silenzio,la sospensione o l’elusione di ogni responsabile chiarimento”.
Uno dei pc portatili di marca AN ha ritenuto di dirne qualcuna anche a lui perché, a suo dire il Presidente della Repubblica non può tirare in ballo questioni che dividono l’Italia; già, essendo la nostra povera Italia divisa come elettorato a metà d’ora in poi il Presidente non potrà quasi più parlare.
Sappi però che il tuo caso ha coinvolto molte persone che a loro volta molte altre e si sta così formando un’opinione generale tra i cittadini i quali in una serie di sondaggi si è dichiarato favorevole alla legalizzazione dell’eutanasia.
Da parte mia sarò sempre accanto a te ed a tutti gli altri che giacciono in un letto nelle tue stesse condizioni.
Un tuo amico, con grande affetto e piena comprensione.
Corrado

Ma anche nell’Unione, e vi pareva, ci sono alcuni importanti personaggi che sono contrari a che l’eutanasia venga legalizzata.
Si punta, invece, di spostare il dibattito politico sul testamento biologico sul quale, a dire del Presidente del Senato Franco Marini, il Presidente della Commissione Sanità del Senato, sen. Ignazio Marino, sta iniziando le audizione per verificare la possibilità di elaborare una legge su tale istituto.
Per meglio comprendere di cosa si tratti e prima di approfondire l’argomento trascrivo qui di seguito un fac-simile di traccia di questo importante documento, altrimenti definito come “Dichiarazioni anticipate di trattamento” così come elaborato dalla Associazione EXIT-Italia la quale da molto tempo sostiene la seguente massima : “la morte con dignità e senza inutili sofferenze deve essere una nostra libera scelta”.

TESTAMENTO BIOLOGICO
Nome e Cognome ….................................................................................................................................... Luogo di nascita …………………………................................ data …………………………………… Domicilio ………………………………………….........................................................…………………
Addì ….............................. in ............................................nella pienezza delle mie facoltà fisiche e mentali, dispongo quanto segue.
Qualora fossi affetto:
da una malattia allo stadio terminale,
da una malattia o una lesione traumatica cerebrale invalidante e irreversibile,
da una malattia implicante l’utilizzo permanente di macchine o altri sistemi artificiali e tale da impedirmi una normale vita di relazione, non voglio più essere sottoposto ad alcun trattamento terapeutico.
Nelle predette ipotesi:
qualora io soffra gravemente dispongo che si provveda ad opportuno trattamento analgesico pur consapevole di affrettare la fine della mia esistenza;
qualora non fossi più in grado di assumere cibo o bevande, rifiuto di essere sottoposto all’idratazione o alimentazione artificiale;
qualora io fossi anche affetto da malattie intercorrenti (come infezioni respiratorie ed urinarie, emorragie, disturbi cardiaci e renali) che potrebbero abbreviare la mia vita, rifiuto qualsiasi trattamento terapeutico attivo, in particolare antibiotici, trasfusioni, rianimazione cardiopolmonare, emodialisi
Sempre nella predetta ipotesi:
Rifiuto qualsiasi forma di rianimazione o di continuazione dell’esistenza dipendente da macchine.
Detto inoltre le seguenti disposizioni:
Richiedo l’assistenza religiosa (la mia confessione è …………………………..)
Non richiedo alcuna assistenza religiosa
Il mio corpo può/non può essere donato per trapianti
Il mio corpo può/non può essere utilizzato per scopi scientifici e didattici
Io sia cremato (a tale proposito ho già l’iscrizione alla Società di cremazione di .................................)
Io non sia cremato
Io possa morire a casa mia......................................................................................................................
Il mio funerale avvenga ..........................................................................................................................
Questo atto, da me coscientemente sottoscritto, avviene di fronte alle seguenti persone:
.........................................................................................
.........................................................................................
.........................................................................................
che, sottoscrivendo, attestano la veridicità della presente mia dichiarazione di volontà.
Resta inteso che questa mia dichiarazione di volontà, purché mi trovi nella pienezza delle facoltà mentali e fisiche, potrà essere da me revocata e modificata in ogni momento: le persone coinvolte nella presente dichiarazione dovranno prenderne atto.
Lo scopo principale di questo mio documento è di salvaguardare la dignità della mia persona, riaffermando il mio diritto di scegliere fra le diverse possibilità di cura disponibili ed eventualmente anche rifiutarle tutte, diritto che deve essere garantito anche quando avessi perduto la mia possibilità di esprimermi in merito. E questo al fine di evitare l’applicazione di terapie che non avessero altro scopo di prolungare la mia esistenza in uno stato vegetativo o incosciente e di ritardare il sopravvenire della morte.
Dispongo che copia della presente dichiarazione sia trasmessa all’Associazione EXIT - Italia per il diritto ad una morte dignitosa, di cui sono socio, con sede in Torino Corso Monte Cucco 144.
Firma del dichiarante …………………………...............…………………………...........................................
Firma della persona nominata fiduciaria......……...............…………………………..........................................
Firma dei testimoni ……………………………...............…………………………...........................................
Disposizione particolare
Nel caso in cui anche la sospensione di ogni trattamento terapeutico non determini la mia morte, chiedo mi venga praticato il trattamento eutanasico nel modo che sarà ritenuto opportuno per una buona morte.

FINE TERZA parte




Sull'eutanasia - seconda parte

INDRO MONTANELLI

Sull’eutanasia
II^ parte



“ Io non voglio soffrire, io non ho della sofferenza un’idea cristiana. Ci dicono che la sofferenza eleva lo spirito; no, la sofferenza è una cosa che fa male e basta, non eleva niente. E, quindi, io ho paura della sofferenza. Perché nei confronti della morte, io, che in tutto il resto credo di essere un moderato, sono assolutamente radicale. Se noi abbiamo un diritto alla vita, abbiamo anche un diritto alla morte. Sta a noi, deve essere riconosciuto a noi il diritto di scegliere il quando e come della nostra morte”.

Così Indro Montanelli ebbe ad esprimersi nel corso di un suo più articolato intervento in uno dei convegni promossi dalla Fondazione Floriani di Milano che, in collaborazione con la sezione milanese della Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori, finanzia da molti anni l’attività assistenziale in favore dei malati terminali.
Partendo dal presupposto che in questo mondo esiste, tra ogni individuo, una notevole diversificazione di idee, sentimenti e comportamenti, personalmente ritengo che lo Stato, attraverso l’opera del nostro legislatore, debba tener conto di queste diversità, così come avviene di norma in tanti altri campi ed occasioni, per il semplice motivo che ogni cittadino ha il diritto di essere tutelato soprattutto in tematiche, peraltro molto limitate, dove lo sfondo materiale prevale su quello etico.
Vi sono individui onesti e disonesti, per esempio, e vengono puniti, purtroppo non sempre, i secondi; c’è chi le sopporta e chi ha paura o non sopporta le terribili inutili sofferenze che, nei malati terminali, nemmeno le c.d. “cure palliative” valgono a lenire: dobbiamo premiare questi ultimi facendo subite loro una vera e propria continua tortura sino a che morte non sopraggiunga ? Il tutto nonostante l’assidua assistenza medica e farmacologica, ripeto, “palliativa”.
Basterebbe che coloro i quali sono, dichiarandosene apertamente, alle volte anche con argomentazioni semplicemente ridicole, contrari all’eutanasia decidessero di farsi qualche giretto in certi Istituti per toccare con mano la realtà delle condizioni in cui “vegetano” questi sfortunati.
Non lo faranno mai, ne sono certo, perché hanno paura di accorgersi d’avere sino ad oggi sbagliato nel valutare questa situazione, frutto di preconcetti derivanti da un atavico retaggio tenuto costantemente in vita da energici e convincenti lavaggi del cervello.
Nella situazione in cui versano questi malati terminali il concetto della vita e della morte è diverso da quello che può e deve avere in altri campi e situazioni come per esempio, almeno sino ad oggi, in alcuni reati previsti e puniti dal nostro codice penale Rocco nel Titolo XII (Delitti contro la vita……); mi riferisco in particolare all’art. 579 C.P. (Omicidio del consenziente), la cui formulazione risale al periodo in cui Mussolini arringava gli italiani a procreare per raggiungere in breve il “milione di baionette” ed allorché la religione cattolica apostolica romana era la nostra religione di Stato.
Però, contemporaneamente ed in contrasto con il concetto religioso della vita, vigeva la pena di morte per alcuni reati comuni previsti dal Codice Penale ed in alcune leggi speciali, abolita poi dal Decreto Legislativo 10 agosto 1944 n. 224 e dal Decreto Legge 22 gennaio 1948 n. 21 i quali commutavano la pena capitale, laddove prevista, in quella dell’ergastolo.
I tempi cambiano e con loro le leggi, gli usi ed i costumi ed anche la mentalità di un popolo rimasto oppresso per un lungo ventennio; un tempo coloro che venivano riconosciuti dai Tribunali di Inquisizione della Chiesa come eretici venivano spediti per direttissima sul rogo, le Crociate erano Sante, oggi ogni guerra è solo un mezzo per distruggere uomini e cose.
Ma, nonostante ciò e che, anche se qualcuno l’ha messo ora in dubbio, l’uomo sia riuscito addirittura a lasciare le proprie orme sulla Luna, oggi non siamo ancora riusciti a dare una soluzione definitiva sulla cura di certe malattie proprio per una certa ostinata ottusità di molti politici i quali si impuntano, nascondendosi dietro alcuni paraventi sofistici, a non voler neanche tentare di comprendere i desiderata di questi sofferenti che, pur rappresentando una minutissima parte rispetto all’intera popolazione, avrebbero invece estremo bisogno, più degli altri, di trovare una maggior comprensione della loro estrema sofferenza e della loro conseguente volontà.
Mi fermo qui per oggi, ma ritornerò su questo argomento per spiegare le differenze che intercorrono tra alcuni termini, più o meno collegati all’argomento ora in trattazione, affinché ciascuno possa ragionare su questi argomenti con la propria testa con cognizione di causa:
· eutanasia;
· testamento biologico;
· accanimento terapeutico.
Vedremo inoltre di dare uno scorcio alle legislazioni già vigenti in materia in altre nazioni.
Ricordatevi che ogni persona ha il diritto di essere informata perché solo in tal modo può maturare una propria determinazione consapevole.
Io dico la mia ma non per questo ritengo di avere in mano la verità assoluta ma, quanto meno, il viso di quel ragazzo paraplegico, l’ho visto con i miei occhi; forse in quel momentaneo incontro ha voluto che narrassi alla prima occasione il suo appello di morte e non di vita, ammesso che possa considerarsi vita quella di una giovane persona immobile al 100 % per sempre: lui si considerava “morto” dal giorno dell’incidente, ed erano ancora trascorsi appena quattro mesi.

FINE della II^ parte

martedì, settembre 26, 2006

Sull'eutanasia - prima parte

Sull’eutanasia
Prima Parte

In Italia ogni problema di qualsiasi natura suscita profonde dispute, spesso polemiche, e polveroni tali che un cittadino, pur culturalmente agguerrito, fa una certa fatica a comprendere, alla fin fine, su che cosa i nostri politici si stiano accapigliando.
Tanto più ciò accadde allorché vengono affrontati temi, come quello in questione, che investono più campi e precisamente quelli della religione, dell’etica, della morale, della politica ed anche quello giuridico.
Questa tematica, sopita almeno in Italia da molto tempo, è improvvisamente ritornata in maniera impetuosa alla ribalta a seguito dell’accorato appello inviato al nostro Presidente della Repubblica da Piergiorgio Welby, co-presidente della associazione Luca Coscioni, colpito anch’esso come quest’ultimo da distrofia muscolare, la terrificante malattia che, in mancanza in Italia di valide terapie di contrasto, riduce lentamente, tra immani sofferenze fisiche e psichiche, un essere umano nella condizione di malato terminale, ad una larva umana senza più alcuna speranza di sopravvivenza.
Il Presidente Napolitano non ha potuto a sua volta fare altro che invitare chi di dovere a riesaminare, cercando un dialogo tra i contrapposti schieramenti, i delicati aspetti di questo insoluto problema; ma, apriti cielo ! Un coro dei pro ed i contro l’eutanasia che ha infiammato il mondo politico, soprattutto del centrodestra dal quale schieramento sono subito partiti pareri negativi supportati per lo più da considerazioni di natura religiosa o di principio ai quali si sono appigliati anche alcuni esponenti di partiti del centrosinistra, per la precisione della Margherita e dell’ Udeur.
Partiamo dai pareri del centrodestra, alcuni dei quali espressi da personaggi che forse avrebbero fatto meglio a tacere.

Televideo RAI 1 pag.116 del 25 09 06 :

EUTANASIA, CDL: Siamo per la difesa della vita.

DI VIRGILIO (FI)


E’ ora di finirla con il diffondere questa assurda cultura della morte. Dobbiamo tutti gridare con forza tre NO: no all’eutanasia, no all’accanimento terapeutico, no all’abbandono terapeutico.

Nota personale: contraddizione in termini i due ultimi NO ?
Difendono la vita, che farisei ! Però applaudono a più riprese e si alleano con chi non ha alcuno scrupolo ad uccidere anche donne e bambini sganciando bombe a grappolo in Iraq; qualcuno affermerà che quella è una guerra santa ma, guarda il caso, lo stesso Sommo Pontefice ha appena affermato che non esistono guerre sante poiché ogni guerra è portatrice di odio e di morte.
Ed allora che ci spieghi questo sig. Di Virgilio come mai hanno osteggiato la ricerca sulle “cellule staminali” i cui risultati avrebbero potuto guarire centinaia di miglia di malati, per esempio il famoso navigatore solitario Fogar che per sottoporsi alle cure del caso aveva programmato un viaggio in Cina mai effettuato per il sopravvenire della morte.

ALEMANNO (AN)



Con tutto il rispetto il Capo dello Stato non dovrebbe lanciare messaggi ed aprire dibattiti che spaccano il Paese. L’eutanasia è respinta dalla CDL e non fa parte del programma dell’Unione.

Nota personale: maniera a dir poco alquanto rozza per zittire il Presidente il quale, a fronte del messaggio ricevuto e divulgato dai media in maniera quasi ossessiva, cosa avrebbe dovuto fare, rispondere “arrangiati, sono affari tuoi !” Va bene che AN, che un tempo come MSI aveva raccolto le firme per la reintroduzione in Italia, anche di tempo di pace, della pena di morte, in seguito persino eliminata anche dal Codice militare di guerra, si proclami contraria all’eutanasia ma entrare nel Programma dell’Unione cosa c’entra ?
Però da che pulpito viene la predica !

BUTTIGLIONE (UDC)

Non è vero che su questo argomento vi sia un vuoto legislativo. Sono depositate ben 5 proposte di legge.

Nota personale: anche una matricola appena iscritta alla facoltà di Giurisprudenza sa bene che c’è un’abissale differenza tra una legge ed una proposta di legge; anche da parlamentare dovrebbe conoscere che, statisticamente, di proposte di legge che divengono leggi sono molto poche.
Forse voleva dire che non c’era un vuoto politi sul problema de quo che comunque esisteva ed esiste effettivamente.
Le proposte cui allude il saccente parlamentare sono state presentate non da loro bensì dai radicali, da alcune associazioni, ed una è di iniziativa popolare ma, con grande dispregio della volontà dei proponenti tutto tace, perché ? Già, l’allora maggioranza era indaffarata ad approvare leggi ad personam per il loro santo protettore ma per quelle volute da altri nemmeno un cenno, come quelle sull’eutanasia e migliaia di altre ancora. Pardon, sbaglio, perché in verità hanno anche insabbiato tre proposte di legge, riunite poi in un unico testo, avanzate da tre deputati del centrodestra, i quali intendevano porre rimedio alla vacatio legis in tema di PLAGIO (ex art. 603 C.P.) il cui testo venne dichiarato anticostituzionale dalla Consulta con sentenza 09 aprile 1981 n. 96. Che fine ha fatto la proposta relativa alla reintroduzione nel nostro ordinamento giuridico del reato di cui sopra che con una diversa modulazione avrebbe dovuto sostituire nel novello art. 613 bis, rubricato come MANIPOLAZIONE MENTALE, la previgente norma ? Probabilmente è scomparsa nel nulla perché qualcuno ha intuito che avrebbe potuto recar danno a qualcuno dei loro.

CALDEROLI (Lega)



Il rispetto della vita è principio non negoziabile.

Nota personale: è sin troppo facile ironizzare con questo personaggio; mi limiterò a completare il Calderoli pensiero aggiungendo “salvo sparare cannonate sui barconi degli extracomunitari” o “far esplodere una bomba atomica” in alcuni Paesi del medio-oriente. Ma con quale dignità sputa sentenze su un problema di sì ampia portata ?

Vi chiederete il perché abbia voluto affrontare in questa sede un problema così importante e spinoso.
E’ da tanto tempo che mi ci aggroviglio sopra, da quando un paraplegico ricoverato senza speranza in un centro di riabilitazione milanese, in presenza della sua fidanzata che in lacrime mi disse di non prendermela perché questa richiesta la rivolgeva a tutti coloro che passavano accanto al suo letto, mi chiese, in modo accorato ma vanamente, di ucciderlo nonchè dopo aver letto una dichiarazione di Montanelli sulla “dolce morte” che riporterò nella seconda parte di queste mie riflessioni.
Mi chiesi allora perché quel giovane viso reso vecchio da inenarrabili sofferenze fisiche e morali era spesso oggetto dei miei pensieri, ed ancor più mi richiedo oggi come possa un essere umano invocare in certe condizioni la morte per mano altrui, un suicidio per interposta persona.
Perché molti nostri politici non si pongono il problema sotto il punto di vista del “sofferente”, lasciando una volta tanto da parte pregiudizi e quant’altro per circoscrivere il tutto solamente al caso concreto ?
In certe circostanze anche la morte proveniente da una mano pietosa può essere un dono di Dio.
Ma su questo argomento ci ritorneremo.

Fine prima parte

domenica, settembre 24, 2006

Gli schiavi di campo


Gli “schiavi di campo”



Oltre ai clamorosi “buchi” nei conti pubblici dal governo di centrodestra abbiamo ereditato un’altra piaga, come poterla definire diversamente, quella del “lavoro irregolare”.
Quanto è andato evidenziandosi a seguito di indagini svolte sia dalle Forze dell’Ordine, a ciò delegate da varie Procure della Repubblica, che dalle stesse Organizzazioni sindacali – CGIL, CISL, UIL – non è un fenomeno di modeste dimensioni, un’eccezione alla regola generale bensì, come vedremo, una colossale serie di violazioni di un vasto arco di leggi particolari che vanno da norme di natura economica, fiscale e contributiva a quelle del diritto umanitario sancito dalla nostra Costituzione, dalla Convezione europea sui diritti dell’uomo e, prima fra tutte, da quella voluta e sottoscritta dalle nazioni aderenti all’ONU una volta conclusa la seconda guerra mondiale.
Violazioni a tutto vantaggio di personaggi, che non è iperbolico definire come schiavisti, a svantaggio dello Stato, cioè di tutti noi, sia economicamente che come immagine.
E’ bene precisare, prima di addentrarci nel mondo dei numeri e degli eventi venuti alla luce ultimamente, come il fenomeno in parola presenti varie sfaccettature rappresentanti un’ampia gamma di situazioni irregolari le quali, pur diverse l’una dall’altra, hanno tutte come comune denominatore lo sfruttamento dell’uomo in quanto lavoratore.
Ma ecco le cifre estrapolate dallo studio delle tre Confederazioni sindacali sul c.d. “lavoro nero”.
In Italia abbiamo ben 4milioni di donne e di uomini che lavorano in nero o con contratti dichiarati parzialmente, per esempio il far passare un contratto di lavoro a tempo pieno come a tempo parziale; viene così naturale dedurre che ad una siffatta situazione conseguano due negative fenomenologie, la prima relativamente all’evasione fiscale e previdenziale mentre la seconda attiene alla sicurezza del lavoro.
Lo studio più sopra richiamato indica come l’economia sommersa produca tra il 15,9 ed il 17,6 % del Prodotto Interno Lordo (PIL) per un valore minimo di 170miliardi di euro annui e, come conseguenza, un’omissione di versamenti fiscali e contributivi pari a:
72miliardi di euro annui di base imponibile IRAP;
1,9miliardi di euro annui come base imponibile IRPEG;
16,5miliardi circa di euro anni in favore dell’INPS e dell’INAIL.
Cifre strabilianti che, aggiunte a quelle del debito pubblico, fanno divenire come necessari alcuni drastici tagli sulla spesa pubblica che, direttamente ed anche indirettamente, ci vedremo costretti a sopportare sin dal prossimo anno.
La latitanza dello Stato nell’ultimo quinquennio in questo campo è stata scandalosa; il passato governo se n’è lavate le mani ritenendo, erroneamente, che con la promulgazione della legge impropriamente, perchè monca rispetto al progetto iniziale, chiamata BIAGI
Infatti l’illustre defunto ideatore della riforma dei contratti di lavoro aveva previsto a latere di questa normativa, ma non per questo meno importante anzi essenziale, la contemporanea istituzione di altri provvedimenti rientranti nel novero dei c.d. “ammortizzatori sociali” che il centrodestra non si è nemmeno sognato di creare; un esempio fra tutti, l’erogazione per un certo periodo di tempo di un salario o di uno stipendio minimo al lavoratore subordinato che, finito il contratto a termine o a progetto, fosse in attesa di iniziare un altro rapporto di lavoro.
Questi ammortizzatori avrebbero dovuto rendere meno “indigesta e punitiva” per chi entrava per la prima volta nel mondo del lavoro la nuova normativa di stampo USA dove però le condizioni e le opportunità di trovare rapidamente un’occupazione sono del tutto diverse dalle nostre in quanto un lavoratore trova facilmente una prima od una nuova assunzione presso un diverso datore di lavoro.
Ma qualcosa, ancor poco per la verità se raffrontato all’ampiezza del fenomeno elusivo così come più sopra illustrato, si sta muovendo soprattutto con mirati controlli anche per il recente reiterarsi di luttuosi infortuni sul lavoro sui quali mi sono già intrattenuto lo scorso mese con altro studio.
Un blitz della Guardia di Finanza contro il lavoro sommerso in 93 cantieri edili di Roma e provincia, ha messo in luce un fitto sottobosco di illegalità e lavoro nero.
Su 598 lavoratori circa il 59% era irregolarmente assunto, per un totale di 353 dipendenti: 191 "irregolari", poichè seppur assunti risultavano di fatto impiegati a tempo pieno anziché parziale, con la conseguenza che i relativi contributi previdenziali e assistenziali venivano liquidati e versati solo in parte dal datore di lavoro; mentre 162 completamente "in nero", impiegati in maniera occulta. Tra questi ultimi 88 erano italiani, 58 romeni, 6 moldavi e ancora macedoni, polacchi, cinesi, etiopi e albanesi. Come si nota non è solo un problema di manodopera offerta a clandestini.
I loro dati identificativi non risultavano neanche censiti nelle scritture obbligatorie ai fini previdenziali (libro matricola e libro paga) e pertanto in evasione di ogni forma di contribuzione di competenza nel settore di lavoro.
Le Fiamme Gialle, inoltre, nei primi sette mesi di quest’anno hanno individuato, nei cantieri edili di Napoli e provincia, 790 lavoratori assunti in nero di cui 232 gli irregolari e 28 gli evasori totali, cioè persone che non hanno presentato le dichiarazioni dei redditi e si sono sottratte a tutti gli obblighi fiscali e contributivi.
Conforta la circostanza che le indagini proseguono alacremente.
Molti altri casi non sono sfuggiti alla Forze dell’Ordine e sono stati ampiamente riportati da alcuni quotidiani e settimanali anche se, tra le tante vicende scoperte, due mi hanno colpito particolarmente.
La prima, emersa su denuncia risalente al marzo 2005 da parte della meritoria organizzazione di “Medici Senza Frontiere”, interessante la bidonville di Cassibile (SR) dove centinaia di immigrati clandestini, circa trecento, “gestiti” da immigrati marocchini residenti da tempo nella zona, per un tozzo di pane raccoglievano patate dall’alba al tramonto, vivendo in condizione di vita disumane.
Ma perché sin d’allora da parte del governo di centrodestra non venne mossa foglia così consentendo ai proprietari delle aziende agricole di collezionare una serie di affari d’oro anche per la concomitanza di una eccezionale produzione di questo tubero.
Un incendio scoppiato in questa bidonville ha impresso la parola fine a questo sfruttamento.
La seconda ha come teatro la Capitanata ed il Tavoliere delle Puglie ed è relativa, rispettivamente, alla raccolta del pomodoro e dell’uva.
Incominciamo con la raccolta del pomodoro per la quale, su disposizione del neo-ministro Cesare Damiano, un’operazione congiunta tra le Forze dell’Ordine ha portato alla luce la circostanza che su 150 aziende agricole ben 84 – pari al 56 % del totale – facevano lavorare persone reclutate irregolarmente, in barba alle legge.
Su 1.040 “contadini schiavizzati” accertati 672 erano italiani, 200 gli immigrati extracomunitari e 168 neocomunitari ma la maggioranza di loro aveva accettato di lavorare senza alcun contratto scritto e sottoscritto; da qui la denuncia dei titolari delle 84 aziende all’Autorità Giudiziaria e la contestazione di 110 violazioni amministrative comportanti multe per un importo di 55.000 euro ed ammende comportanti esborsi per 465.000 euro.
Ma la bagarre continua poiché molti non si rassegnano a lasciare definitivamente la “gallina dalle uova d’oro”, il guadagno derivante dallo sfruttamento della manodopera clandestina e non.
Passiamo ai vigneti; a conclusione di un’operazione concordata tra la Polizia di Stato e la Direzione Provinciale del Lavoro di Foggia, il Commissariato di San Severo ha denunciato 5 imprenditori agricoli per sfruttamento di manodopera clandestina mentre altri 11 proprietari terrieri hanno avuto la stessa sorte nel corso di una seconda operazione.
Si sussurra comunque da più parti che alla base di questo illegale reclutamento vi sia in Puglia lo zampino della malavita organizzata; 15 braccianti polacchi sono stati trovati morti e su questo episodio sta indagando la Direzione Distrettuale Antimafia che, per altri episodi di sfruttamento, ha disposto già in questi mesi più di 20 arresti.
Certamente esiste e fermenta in loco un grave problema sociale perché mentre la manodopera locale italiana guadagnava 40 euro al giorno, pur lavorando duramente e per molte ore, quella clandestina si accontenta della metà con profitto da parte dei caporali.
L’augurio è che queste iniziative di controlli a tappeto diventi un deterrente atto ad evitare questa tratta di braccia di lavoro.

sabato, settembre 23, 2006

LA SATIRA


La satira, ma a che serve ?


Semper ego auditor tantum?
Nunquamne reponam vexatus
totem rauci belusconianae gens?

Dovrò sempre solo ascoltare ?
La berlusconiana gente mi ha
tantevolte costretto, sino a divenire
rauca, ad ascoltare le loro panzanate;
potrò mai vendicarmi ?



Opportunamente adattate alla bisogna, le due frasi latine di cui sopra, con pedissequa mia libera traduzione, appartengono al primo esametro della I^ satira del I° libro di Giovenale, avvocato romano vissuto attorno al 60 P.C., secondo quanto si può dedurre da tre epigrammi del suo grande amico Marziale.
La satira è stata sempre mal sopportata, con qualche eccezione assai rara per la verità, dai ”potenti” o presunti tali: imperatori, principi, dittatori, politici o pseudo tali ed altri della stessa genie o semplici figuranti a costoro legati a doppio filo da rapporti non sempre “trasparenti”; in quel periodo Roma è governata da Claudio alla cui morte per avvelenamento da parte della sua sesta moglie, Agrippina, subentra un certo Nerone, figlio di primo letto di quest’ultima che, a tempo debito, verrà fatta poi uccidere proprio dal figlio: senza alcun dubbio un bel periodo storico denso di intrighi e di scandali nonché profondamente permeato dalla corruzione fortemente radicata in ogni ganglio della vita pubblica.
Non a caso la satira prolifica, raggiungendo picchi di elevata risonanza e popolarità, in siffatti frangenti e diviene comprensibile il perché certi scritti, vignette, barzellette ed altro, in controtendenza, diventino la sintesi di alcuni sentimenti soffocati nel profondo del cuore da molti cittadini silenti per paura o per ignavia, in quanto costituiscono, a volte, l’unico contraltare al modo poco democratico con cui viene gestito da alcuni regimi il potere: in buona sostanza, sebbene spesso nascosti nell’anonimato, i novelli Pasquino rappresentano, facendole proprie, le voci di coloro i quali, pur contrari al regime di turno, tacciono.
Non pare che Giovenale fosse un vero “democratico”, almeno nell’accezione del termine che intendiamo oggi, che si batteva per la tutela dei diritti dei più deboli; infatti gli storici ce lo dipingono più come un “bastian contrario” che non tollerava il potere e chiunque avesse, suo malgrado, la ventura di esercitarlo.
Comunque, a mio modesto parere, rappresentava a quel tempo quella voce nel deserto che, al di fuori dal coro, metteva a nudo gli intrecci di corruttele che avvelenavano la Roma imperiale.
L’avvicendarsi dei tempi non modificano il comportamento delle persone; un ciclo storico rincorre il precedente, il malcostume è sempre lo stesso ma messo in atto con metodi scientifici e sempre più raffinati ma, alla fin fine, il risultato è sempre lo stesso; c’è chi prospera protetto da un ferreo nepotismo e chi langue nell’indigenza perché solo ed indifeso dalle altrui angherie.
Oggi viviamo in un periodo alquanto, per non dir di peggio, infelice; stiamo assistendo ad eventi che in un Paese come il nostro, largamente democratico in molte leggi ma carente nelle strutture pubbliche e private entro le quali imperversano, almeno sino ad ieri, personaggi assai squallidi, alcuni dei quali purtroppo ancora abbarbicati sulla loro poltrona, che meriterebbero di essere ospitati altrove, molti anche nelle patrie galere.
Oggi cosa posso fare ? Per ora incomincio col rivolgere un accorato invito ai componenti dell’attuale governo, da me sostenuto assieme a tanti altri militanti del maggiore partito del centrosinistra, perché abbiano ad agire sulla base delle aspettative dei cittadini che li hanno votati, cui nel frattempo si sono aggiunte persone dell’altra sponda oramai stanche e consapevoli di essere state prese in giro, i quali attendono una profonda pulizia ed il ripristino di una giustizia sociale che nell’ultimo quinquennio è stata del tutto dimenticata, nonostante le inqualificabili, in quanto false, affermazioni di alcuni esponenti del centrodestra.
Avete mai assistito all’umiliante, per l’Italia tutta, spettacolo di alcuni anziani che, al togliere delle bancherelle nei mercati rionali, vanno a rovistare tra gli scarti degli ortaggi nella ricerca, alle volte vana, di un qualcosa di ancora commestibile ? Questa è una parte dell’Italia di oggi che invecchia male e muore peggio, in condizioni di estrema indigenza; e gli anziani aumentano, ricordatevelo!
Ed i giovani ? Pensateci bene, sono loro che vi hanno dato il potere e, quindi, acceleriamo i tempi…pieni!
Non vorrei che accadesse ciò che ci viene tramandato dai nostri padri, quel detto secondo il quale “ chi di speranza campa disperato muore “; “a buon intenditor poche parole”.

giovedì, settembre 07, 2006

Le morti bianche e gli invalidi del lavoro




Infortuni denunciati all’INAIL negli ultimi tre anni:
2003: 977.194 di cui n. 1.449 con esiti mortali
2004: 966.729 di cui n. 1.328 con esiti mortali
2005: 939.566 di cui n. 1.206 con esiti mortali.

Il progressivo calo del numero di infortuni non deve illuderci in quanto è stato riscontrato soprattutto nel lavoro agricolo più che in quello industriale, comparto il primo dove si è verificato un calo occupazionale regolare sia per il calo della produzione che per il continuo ricorso all’utilizzo di manodopera “irregolare”, attinta anche tra le fila degli immigrati clandestini.
Occorre tuttavia anche precisare che l’INAIL ha, per legge:
· l’obbligo di riconoscere anche gli infortuni subiti da quei lavoratori mai denunciati all’Ente dal datore di lavoro con conseguente evasione del premio relativo all’assicurazione obbligatoria; l’INAIL liquida il danno il cui importo viene poi richiesto in via di regresso all’azienda;
· la possibilità di agire in rivalsa nei confronti dell’azienda per quanto liquidato al dipendente pur regolarmente denunciato nel caso in cui per le lesioni subite dal lavoratore ovvero per la sua morte sia stata riconosciuta una responsabilità penalmente rilevante del datore di lavoro ovvero di un suo preposto da parte del Tribunale con conseguente emissione di una sentenza di condanna.
Per il primo caso, beninteso solo per le lesioni, nelle c.d. zone depresse, si verifica anche che alcuni datori di lavoro hanno trovato l’escamotage per evitare di dover pagare, in un’unica soluzione, somme alle volte anche notevoli in caso di liquidazioni da parte dell’INAIL di rendite vitalizie; il lavoratore infortunato viene fatto passare come vittima di un incidente stradale con la necessaria compiacenza di alcune cliniche private.
Per il secondo caso, soccorre legittimamente un’assicurazione privata, denominata “Rischi diversi”, che copre oltre che la responsabilità della impresa per i danni causati a terzi (RCT) anche quella per danni subiti dai propri dipendenti (RCO); verificandosi l’ipotesi di emissione della sentenza di condanna questo tipo di garanzia assicurativa mette al riparo il datore di lavoro dalla azione di rivalsa dell’INAIL, sopportata dall’impresa assicuratrice in uno al danno non coperto dall’INAIL quale il danno morale e tutte le eventuali spese incontrate nel corso del periodo di malattia.
Appare del tutto fondata l'ipotesi di ritenere alquanto fondata come questa garanzia assicurativa RCO sia per l’ imprenditore un incentivo a non predisporre le assai costose misure antinfortunistiche a tutela della salute dei lavoratori, in poche parole un risparmiare sulla pelle altrui.
E' da ritenere che le argomentazioni cui il titolare dell’impresa ricorre per verificare se sia o meno conveniente la stipula della RCO possano essere le seguenti:
1- la responsabilità penale è quasi sempre del preposto, ma se anche così non fosse una condanna con le lungaggini di questi tipi di processi diventa assai improbabile, subentrando la prescrizione del reato;
2- il risarcimento danni alla vittima fa carico all’Inail ed alla impresa privata di assicurazioni.

Come non pensare a quei ponteggi appena “appoggiati” sulle pareti degli stabili che si abbattono al suolo al primo colpo di vento nemmeno impetuoso, alla poca affidabilità di alcune paratie predisposte durante gli scavi, alla precarietà di molti impianti elettrici provvisori nei cantieri edili.
Se aggiungiamo poi che gli accertamenti preventivi sull’affidabilità o meno delle misure antinfortunistiche approntate nei cantieri sono alquanto rari ne consegue che il fermo dei lavori, le multe nel caso di gravi manchevolezze sono misure che, pur previste dalle leggi in materia, rimangono spesso e volentieri lettera morta.
Il Procuratore aggiunto della Procura di Torino, Dr. Guarriniello, aveva a suo tempo scatenato una giusta campagna contro l’inefficienza dei mezzi di protezione messi in atto da molte imprese e l’incuria di queste ultime nel predisporre adeguate informative ai dipendenti, anche a mezzo di cartellonistica all’interno delle aziende (segnalazioni delle vie di fuga ed il posizionamento degli estintori per il caso di incendio – l’elenco delle misure da seguire all’interno dei cantieri, ecc…) avendo accertato come alquanto carente fosse nei posti di lavoro l’informazione su questa delicata materia.
Ma oggi ?

Nel 2006 per i primi 8 mesi stiamo per raggiungere il pesante numero di 700 morti.
Il reiterarsi, in questi ultimi mesi, di infortuni mortali sui posti di lavoro ha riportato nuovamente alla ribalta delle cronache questo grave problema il quale, pur essendo stato affrontato più volte da vari governi, non ha mai avuto soluzioni decisive atte, nella pratica impossibilità di eliminarlo del tutto, quanto meno ad attenuare il numero di questi eventi luttuosi.
Senza voler considerare poi che, a latere, si verificano, purtroppo, anche infortuni gravemente invalidanti delle capacità fisio -psichiche di un enorme numero di lavoratori che prestano la loro opera in quelle che vengono definite “attività pericolose”.
E’ un problema innanzi tutto morale ed in subordine, è inutile nascondercelo, anche sociale perché ogni perdita di una vita umana od il verificarsi di un danno comportante una invalidità permanente di grado superiore al 50% corrisponde per l’intera comunità nazionale una sconfitta sul piano sociale mentre per le famiglie delle vittime nonchè per i gravemente infortunati un notevole danno morale, biologico ed economico non pienamente compensato da eventuali risarcimenti od indennizzi ovvero ancora dalle rendite erogate dall’Inail..
Non possiamo non sottolineare anche come sino ad oggi un invalido è stato, salvo rare eccezioni, considerato e trattato più come un individuo da compatire che da aiutare anche nel reinserimento nella vita sociale attraverso tutti i sistemi disponibili che pur esistenti, in alcune zone però solo sulla carta, non sempre vengono ben utilizzati in maniera congrua.
Quali, ancor oggi, le cause di questa lunga serie di infortuni mortali sul lavoro ?
Diverse sono le motivazioni che spesso sono tra loro collegate; le più frequenti:
1- mancata predisposizione delle misure di sicurezza necessarie dettate da precise norme di legge;
2- rari controlli da parte degli Enti preposti alla vigilanza;
3- preposti che all’interno del posto di lavoro non segnalano ai datori di lavoro le anomalie che presentano i macchinari, le impalcature, gli impianti elettrici e gli stessi locali in cui si svolge il lavoro, alle volte privi di areatori o di apparecchi segnalatori di pericolo ;
4- preposti che li segnalano a datori di lavoro che fanno orecchie da mercante;
5- mancata vigilanza all’interno sul rispetto delle norme antinfortunistiche, come l’uso degli elmetti, delle cinture da parte di chi lavora su ponteggi, calzature appropriate per evitare di essere investiti da scariche elettriche, tute speciali e maschere nel trattamento di gas o materie infiammabili;
6- la ripetitività di certe azioni che rendono il lavoratore sempre meno cauto nel rispetto dell’uso degli strumenti che ha a disposizione;
e così via, la casistica in materia è imponente e riuscirebbe arduo e difficoltoso predisporne una elencazione completa.
Occorre senza dubbio alcuno fare qualcosa per attenuare questa vera e propria piaga sociale che in Italia è particolarmente pesante tanto che in questo campo vantiamo un brutto record negativo: quello del 20 % degli infortuni mortali sul lavoro che si verificano nell’intera Comunità europea.